LA BANDA CARLO PISACANE
 
   
   

Oggetto principale di “questa piccola ricerca” – come la definisce l’autore – sulla storia della Banda Pisacane sono gli uomini che subito dopo l’8 settembre 1943 si attivarono per dare vita alle prime forme di lotta partigiana a cavallo tra il triangolo Lariano, il Lecchese e la Val Brembana […], coloro che persero la vita e quelli che finirono per essere dimenticati».

In realtà non si tratta di “una piccola ricerca” ma di un paziente e puntiglioso lavoro di scavo in archivi pubblici e privati, incrociato con gli scarni contributi della memorialistica e con la raccolta di testimonianze, dettato dall’intenzione di sottrarre, da un lato, la storia di quegli uomini e della Pisacane alle ricostruzioni basate sul “sentito dire” e, dall’altro, di recuperarne conoscenza e memoria svincolandole da intenti celebrativi e ricollocandole criticamente nel contesto di quella fase iniziale di lotta, segnata, come avrebbe poi ricordato Ferruccio Parri, dalla «stagione del dubbio, perché – aggiungeva - non sapevamo se questa volta le radici della guerra per bande avrebbero attecchito».

[…] E’ la storia di una fase ancora lontana dalla militarizzazione dell’estate del 1944 e dalla maturità della lotta partigiana, una fase in cui tutto è da inventare e da sperimentare, in cui tutto e tutti, artigianali servizi logistici e neonate strutture di comando, canali di collegamento e di subordinazione gerarchica, ruoli di dirigenti e gregari, sia politici che militari, sembrano intrecciarsi e talvolta sovrapporsi nella ricerca di una definizione organizzativa e di modelli operativi capaci di superare l’incalzante verifica della repressione nazifascista e al tempo stesso di gettare fondamenta indistruttibili per lo sviluppo di una lotta armata con caratteri di massa.

[…] Gabriele Fontana ci offre una storia diversa, non interpretata alla luce della progressiva maturazione e affermazione della guerriglia ma fissata nella costante precarietà delle settimane cupe di quell’autunno 1943, quando appunto gli stessi protagonisti non solo non avevano «nessuna idea di come sarebbe andata a finire» ma non possedevano, nella stragrande maggioranza, nemmeno conoscenza o esperienza alcuna di ciò a cui non di meno si erano votati.

[…] E’ questa la storia che ci racconta Gabriele Fontana, una storia in cui, accanto ai primi dirigenti e quadri conosciuti, emergono uomini che, forse, mai avrebbero immaginato di doverne scrivere le prime pagine, magari anche confusamente; uomini a cui Fontana si è sforzato di dare un nome, un percorso biografico e un volto, perché, come ricordava Julius Fucik: « […] non esistono eroi anonimi. Erano persone, con un nome, un volto, desideri e speranze, e il dolore dell'ultimo fra gli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà».

E se la narrazione potrà talvolta apparire a qualche lettore discontinua o frammentaria, non si dimentichi che tale discontinuità non discende solo dalla lacunosità delle fonti, ma riflette le condizioni stesse di vita, di lotta e, chissà, forse anche degli stati d’animo di quei primi che, tra errori incertezze e intuizioni poi proficue, si assunsero la responsabilità di provare a trasformare indicazioni ed esempi teorici in una realtà operativa, aprendo la strada a quelle diecine e diecine di migliaia di combattenti che di lì a non molto ne avrebbero seguito l’esempio.

da Introduzione al volume, a cura di Luigi Borgomaneri.

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